Copia o originale? Uno sguardo diverso sull’arte

Tutti noi, nel ciclo della nostra educazione, studiamo almeno per qualche anno (e forse non tutti proprio con traboccante e entusiasta impegno) qualche nozione di Arte e di Storia dell’Arte, che anche se insegnateci a livello semplicemente scolastico vanno a far parte delle basi su cui costruiamo il nostro modo di percepire, e di gustare, l’arte stessa. Ma quando veniamo messi di fronte ad una realtà come quella dei falsi d’autore, è molto insolito che la nostra prima reazione non sia, se non sdegnata, quantomeno perplessa; se c’è infatti un principio che ci viene insegnato in modo pressochè universale, quale che sia stata la nostra educazione, è che l’arte è resa preziosa e notevole dalla sua singolarità, e che quindi poche cose sono contrarie all’idea stessa di “arte” quanto la copia.

È in effetti il modo di esaminare che la critica più sposa, ai nostri tempi: ma non dobbiamo decisamente pensare che sia sempre stato così. Al contrario, la storia ci può riservare, a questo proposito, molte sorprese inaspettate, sia dal punto di vista dei concetti di cosa sia l’arte effettivamente, sia quando andiamo a scoprire cosa pensassero, nella pratica, dei falsi d’autore gli artisti celebri che siamo abituati ad amare e stimare.

Tutti oggi infatti, come dicevamo poc’anzi, che si tratti del pubblico medio, degli operatori del mercato, o soprattutto dei critici, sono concordi nel ritenere che l’arte sia caratterizzata dalla singolarità, sia dell’opera che della persona che la realizza, e che sia appunto l’identità dell’artista, il suo “nome” se vogliamo, a dare valore all’opera stessa, sia che si tratti di un quadro, che di una scultura.

Tuttavia, non sempre le cose sono state così: per moltissimi secoli, Artista e Artigiano non sono stati sostantivi tanto differenti, e i due concetti sono stati, se non coincidenti, quantomeno largamente sovrapposti, e si è applicato al valore dell’opera il canone della perizia esecutiva, e non dell’unicità o dell’originalità. E in quest’ottica, la copia, da grave fallo e negazione dell’arte, diventa semplicemente omaggio, e anche necessaria tappa di comprensione da parte di un giovane artista per conseguire padronanza e abilità. Non ci credete? Leggete cosa ne pensava qualche nome certamente famoso…

Michelangelo, per molti l’artista per antonomasia, crebbe artisticamente, da adolescente, alla corte di Lorenzo il Magnifico, copiando le statue classiche e le opere di Masaccio che la adornavano; una volta cresciuto, è perfino risaputo che scolpì, per un compratore appassionato di statue antiche, un Cupido che poi trattò con terre acide, vendendoglielo con successo come antichissimo;

Peter Paul Rubens, il noto maestro fiammingo, aveva una vera reverenza per gli artisti del Rinascimento, ed era solito alternare ai propri dipinti delle copie delle opere che più amava; la stessa “Battaglia di Anghileri” di Leonardo da Vinci che possiamo ammirare oggi è in realtà una sua copia, poiché l’originale è andato irrimediabilmente perduto;

Tiziano Vecellio, famoso pittore veneziano passato alla storia per l’uso dei colori come Michelangelo lo era per l’abilità nel disegno, fu autore di una copia di una celebre opera di Raffaello, il “Ritratto di Giulio II”, ancor adesso esposta a Palazzo Pitti, a Firenze.