La saldatura delle materie plastiche

Per consuetudine, quelli che fra noi non hanno una perizia specifica in questo ambito tecnico sono portati a credere che parlare di “saldatura” significhi inevitabilmente riportarsi al mondo dei metalli, e il termine evoca loro immagini di maschere col vetro offuscato e grandi quantità di scintille. Si tratta di una visione parecchio riduttiva del problema, che ne tralascia una parte notevole ed importante, e anzi in perenne sviluppo nel mondo dell’industria. Quella a cui ci stiamo riferendo è la saldatura operata sulla plastica, la quale viene effettuata abitualmente in molti ambiti operativi, e con una vasta serie di diverse saldatrici: alta frequenza, ultrasoniche, laser o ad iniezione. Lungi dall’essere intercambiabili, questi macchinari hanno ben precisi punti di forza e ambiti di utilizzo: andiamo ad analizzarne alcuni fra quelli ora più comuni e diffusi.

Saldatrici ad alta frequenza

Il funzionamento di questo modello di macchine saldatrici è basato sulla presenza, in alcuni tipi di plastica, di quelli che sono definiti dipoli chimici: fra queste plastiche annoveriamo il PVC, la PA, e la gamma degli acetati. I dipoli hanno la peculiarità caratteristica di vibrare, e dunque riscaldarsi, se esposti ad un campo elettromagnetico ad alta frequenza. Tramite l’esposizione dei pezzi a tale campo, se ne genera così il riscaldamento, e per pressione questi vengono rapidamente fusi insieme.

Saldatrici ad iniezione

Alla base del sistema di saldatura ad iniezione c’è l’utilizzo di un particolare strumento, che estrude una barra plastica riscaldata sulla linea di giunzione: in questo, è molto simile al tipo dui saldatura detta, appunto, ad estrusione. La differenza, nel sistema ad iniezione, sta nella forma della punta della testa di estrusione, che permette di aggiustare in maniera impercettibile, in corso d’opera, microfori e difetti di produzione. Si prestano in particolare a tale procedura tipologie di plastiche come la PE e la PP.

Saldatrici ultrasoniche

Sotto alcuni aspetti, se vogliamo, il processo di saldatura che definiamo ad ultrasuoni non è molto diverso da quello ad alta frequenza: qui la vibrazione delle molecole è però indotta dall’esterno, con l’emissione di onde a bassa ampiezza, nello specifico comprese fra i 15 e i 40 kHz. L’attrito fra le parti indotto da tale oscillazione porta ad un riscaldamento localizzato e conseguente liquefazione delle stesse, con l’aiuto di specifiche interfacce che permettono di condensare l’energia derivante per rinforzare la saldatura stessa.

Saldatrici laser

L’utilizzo della tecnologia laser per eseguire la saldatura fra due pezzi di materiale plastico richiede che l’uno sia in grado di trasmettere il raggio laser attraverso la propria massa, e l’altro possa assorbirlo (o venga ricoperto da una sostanza in grado di farlo). Il laser viene conseguentemente fatto passare lungo l’intera curva di congiunzione fra i pezzi, così da attraversare il primo pezzo e riscaldare il secondo, o la sua copertura: questo porta la temperatura a livelli di liquefazione e unisce i due pezzi. Le plastiche adatte a questa saldatura sono ABS, nylon e Policarbonato.

Saldatrici a solventi

In questa tecnologia di saldatura, si applica alla plastica un solvente che dissolve temporaneamente il polimero rimanendo a temperatura ambiente. Applicandolo ad entrambe le parti da congiungere, queste si trovano ad avere catene polimeriche libere in sospensione nel fluido risultante: queste possono, a contatto, intrecciarsi, e nel momento in cui il solvente evapora, risultare legate in un blocco solido. Un modello familiare di tale tecnica si ha con le colle utilizzate per il modellismo.